martedì 14 giugno 2011

IL MEZZOGIORNO E L’UNITA’ . di Conte Mariateresa





In talune rivisitazioni della storia d’Italia, appaiono evidenti alcuni dati in controtendenza con la storia studiata generalmente a scuola. Così, il Ressa scrive: “Nel 1859 l’Italia era divisa in sette stati: Stato Pontificio, Regno delle Due Sicilie, Regno di Sardegna, Granducato di Toscana, Ducato di Modena, Regno Lombardo - Veneto e Granducato di Parma. Gli italiani che parlavano la lingua italiana erano solo il 2.5%, la parte restante parlava il proprio dialetto. A capo del Regno di Sardegna vi erano i Savoia, mentre al Sud a Capo del Regno delle Due Sicilie vi erano i Borboni. Il Piemonte era uno stato al collasso economico, con 5.000.000 di abitanti e con un debito pubblico di 1.271,43 milioni di lire, mentre, il Regno delle Due Sicilie con 9.000.000 di abitanti aveva un debito pubblico di 441,22 milioni di lire e una storia di 730 anni di unità, preso atto che quest’ultimo aveva una propria moneta, una propria bandiera ed un proprio inno. Nel 1861 il Sud aveva 5000 industrie (siderurgica, tessile, chimica, conciaria, cartiera, estrattiva, del corallo e vetraria) e, inoltre, era la quarta flotta mercantile del mondo. Nell’agricoltura oltre il 50% dei braccianti agricoli erano specializzati. La riserva aurea in tutta Italia era di 670,40 milioni di lire, di cui 443,2 era detenuta dal Regno delle Due Sicilie. Nel campo medico, il Sud aveva più medici del resto della Penisola, per di più, il numero degli studenti meridionali nelle università era maggiore rispetto agli studenti settentrionali. Il teatro San Carlo di Napoli era il più antico d’Europa, e grande era l’interesse per l’archeologia favorito dall’avvio degli scavi di Pompei ed Ercolano”. L’unificazione, apparve necessaria per ridurre la frammentazione della Penisola e farle acquisire un maggior peso, sia politico che economico, non solo nel contesto italiano, ma soprattutto in quello europeo; d’altra parte, conveniva al Piemonte, poiché, come già accennato, bisognava risanare le finanze del Regno di Sardegna. Subito dopo l’unificazione lo Stato operò in maniera da consentire l’accumulo di capitali al Nord (in quell’area successivamente nota come “triangolo industriale”), anche grazie ad un fattore difficilmente quantificabile, ma che ha innegabilmente avuto il suo peso: la criminalità organizzata, che indubbiamente è da sempre uno dei principali problemi italiani, ha contribuito alla costruzione di una mentalità radicalmente in contraddizione con le regole della convivenza civile e della democrazia e i vari governi, che si sono via via avvicendati, sono inevitabilmente -chi più chi meno- scesi a compromessi con la illegalità diffusa. Ecco, infatti, cosa scrisse Garibaldi a proposito della camorra: “..l’origine di questa associazione di malfattori, proveniva dalle prigioni. I più forti tra i prigionieri imponevano una tassa ai nuovi arrivati, e la imponevano minacciandoli. Dalle prigioni, l’associazione si estese a tutto il Regno delle Due Sicilie, divenendo così, una potenza con la quale patteggiò anche il Governo, che con la dinastia borbonica diventò una terribile guardia pretoriana”. In questo modo diviene facile spiegare perché oggi, tra Nord e Sud, vi sia una ferita così profonda: un sistema di corruzione che coinvolge l’intera nazione, accompagnato da uno squilibrio favorito da un processo di industrializzazione che si è volutamente ed erroneamente localizzato quasi esclusivamente nelle regioni settentrionali, a scapito del Mezzogiorno. La scarsa attenzione della classe politica ai problemi del Mezzogiorno, l’enorme spreco di risorse economiche, nell’illusione di creare nuova occupazione, hanno contribuito alla creazione di quelle che saranno definite delle vere e proprie “cattedrali nel deserto”, con il 70% delle industrie rivelatesi solo dei contenitori vuoti, dei “fantasmi”, con il tasso di disoccupazione costantemente in crescita, e la proliferazione di un ceto politico parassitario; allo stesso tempo vengono trascurate le risorse turistiche, storiche, agricole, di cui il Mezzogiorno dispone abbondantemente. Infine, continua a crescere in maniera sproporzionata quell’”odio” dei settentrionali nei confronti dei meridionali, additati come zavorra da un numero di politici che utilizzando un facile populismo, appaiono sempre meno competenti e non all’altezza dei difficili tempi che viviamo. Forse aveva ragione Napoleone Colajanni: “Non ci può essere unità morale se le parti unite non si conoscono fra loro e, conoscendosi, non imparano a stimarsi, a rispettarsi, ad emendarsi e migliorarsi reciprocamente”.

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