martedì 14 giugno 2011

Intervista al prof. Luigi Sonatore. di Conte Mariateresa

Intervista al prof. Luigi Sonatore, docente di geografia economica  presso l’ITC
“E. Corbino” di Contursi Terme.
di Conte Mariateresa


1)   « Il 12 e il 13 giugno gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi sui  quesiti referendari, due di essi affrontano  tematiche molto importanti  quali la privatizzazione dell’acqua e l’istallazione di centrali  nucleari. Lei cosa ne pensa ?»
«Penso, prima di tutto, che se ne è parlato troppo poco. La nostra è la società dell’immagine, della visibilità televisiva che, se non hai, non esisti nella realtà. Su questi referendum (se si esclude l’ultima settimana) non c’è stata discussione “televisiva” quotidiana, anzi. Il pluralismo delle opinioni è stato la stella polare dell’informazione? Penso proprio di no: e, quindi, questi quesiti referendari semplicemente “non sono esistiti”; nello specifico, penso che l’acqua sia un bene di tutti e inalienabile la sua fruizione, che o è pubblica, o non è. Una politica che non mette al centro del suo operato questo concetto non fa gli interessi della comunità e tradisce, così, la concezione solidaristica della Costituzione Italiana.  Ammantare di falso modernismo questa concezione, utilizzando (come fa il D.L. 112 del 25/06/2008) termini come sviluppo economico, semplificazione, competitività, serve solo a sviare e a distrarre dalla centralità della questione, fino ad arrivare al paradosso “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, come recita il comma 1 dell’art.154 del DL 152 del 3/04/2006.  Investire capitali per avere un’adeguata remunerazione: fare profitti con l’acqua è etico? “Date da bere agli assetati”: è una delle opere di misericordia corporali; chiediamo al Papa di modernizzarla, aggiungendo come chiusa finale: “solo se vi pagano”!    
Per il nucleare, invece, la questione è decisamente più complessa: se è vero che l’acqua è il diritto imprescrittibile, è pur vero che l’energia elettrica ha un suo costo economico e, per la sua diminuzione, le centrali nucleari sembrano essere fondamentali. Approfondirò il ragionamento nella risposta successiva; qui il problema si fa politico: il governo attuale, soprattutto alla luce dei risultati elettorali di Milano, cerca di non far raggiungere il “quorum”, invalidando, così, la consultazione referendaria. È un atteggiamento fondamentalmente incivile e anti democratico: del resto da chi è abituato a difendersi “dal processo” piuttosto che “nel processo” che cosa ci si poteva aspettare?».




2)   « Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha affermato che il nucleare è sicuro e che le nuove centrali sono di terza generazione. Secondo Lei, esistono centrali di terza o quarta generazione?  Se si, quanto sono sicure?»

« Esistono molti problemi legati all’uso dell’energia nucleare e molte sono le correlazioni con l’economia; dopo Fukushima tutti si sono resi conto della pericolosità delle centrali nucleari: stiamo parlando  del Giappone, di un Paese che, com’è noto, possiede le tecnologie più avanzate. Eppure è accaduto quel che è accaduto e, pur considerando la dimensione “straordinaria” dell’evento naturale che ha scatenato l’incidente nucleare, è stato messo in discussione un modello di produzione dell’energia, se è vero che si comincia a parlare dei costi del “decommissioning” delle centrali e lo smaltimento delle scorie. In quest’ottica l’Italia, che non ha le centrali nucleari, è avvantaggiata rispetto a nazioni come la Francia o lo stesso Giappone:  nel frattempo il governo Berlusconi ha pensato bene di pianificare la costruzione di almeno otto centrali nucleari. Cosa dire? La domanda di fondo è ancora quella: la fame di energia è tanta, la sua produzione dipende dai paesi esportatori di gas e di petrolio, per ridurre i suoi costi bisogna trovare alternative legate alle risorse rinnovabili sono insufficienti e allora ci si rivolge al nucleare. Un paio di riflessioni si impongono; prima di tutto: quanto uranio c’è nel mondo? Basterà? I suoi costi aumenteranno considerevolmente? E, infine, è  corretto continuare con un modello così consumistico? Ma, in fondo, ci conviene essere per forza così “energivori” o, piuttosto, non dovremmo, noi tutti, cominciare a  pensare un modello di crescita diverso, più sobrio e parco? ».

3)   « Quali rischi corre l’Italia a seguito dell’intervento in Libia?  Facendo una previsione, come crede si concluderà la guerra in Libia, ma soprattutto cosa uscirà fuori al termine del conflitto? »

« Non credo che l’Italia corra qualche “rischio” più di quelli che corrono altri paesi coinvolti in questa guerra. Piuttosto c’è da riflettere sulla posizione geografica del nostro paese: una penisola che si protende nel Mediterraneo e che da sempre offre generosamente le sue coste, soprattutto meridionali, a tutta una serie di visitatori: dai mercanti fenici, alle colonie della Magna Grecia, diffuse in tutto il meridione italiano, alle scorribande saracene, etc. Ora siamo destinatari di questi flussi di esseri umani che partono dalle coste africane, soprattutto libiche e tunisine, alla ricerca di un miglioramento delle proprie condizioni di vita. La conclusione di questa guerra è un destino segnato: quando abbiamo una crescita delle società civili, che abbandonano immobilismi pluricentenari, esse innegabilmente tendono a un modello di democrazia “concreta” e, a mio parere, questo non è altro che un passaggio inevitabile nella storia dell’umanità».

4)   « Dal punto di vista geopolitico, cos’è cambiato a seguito dell’uccisione di Bin Laden nel Medio oriente e che significato assume la sua morte per gli USA?»
                                                                                                                                           
«L’uccisione di Bin Laden non è altro che un bilanciamento della distruzione delle Twin Towers nell’attentato terroristico dell’11 settembre del 2011: nell’equilibrio geopolitico questo ha significato, in sostanza, un riassestamento dei pesi politici, fortemente e pericolosamente sbilanciati a favore del terrorismo islamico. Per gli USA questa morte assume una forte valenza simbolica, al punto che, per evitate di caricare troppo questo aspetto, volutamente gli americani hanno detto di aver gettato in mare il cadavere e non hanno rilasciato nessuna immagine dello stesso, così che il terrorismo di matrice religiosa islamica non potrà nemmeno costruire su qualche immagine o su qualche reliquia una pericolosissima ritualità vendicativa (basti pensare, ad esempio, alle terribili dispute che hanno coinvolto  intere comunità  di fedeli cattolici anche solo per una ciocca di capelli di un santo). Insomma, Bin Laden ha rappresentato il “nemico perfetto”; per altro, io dico che il Vicino Oriente oggi vive il suo Medioevo, che, per la storia dell’Occidente, è stato un periodo molto lungo. Non vedo scorciatoie per il mondo e la società del Vicino Oriente: sarà un periodo lungo anche per quelle popolazioni, ci saranno guerre anche fratricide, ma ho la profonda convinzione che la strada verso la democrazia sia ormai segnata. Bisognerà attendere qualche generazione».

5)   «Cosa si nasconde dietro le guerre degli USA?»
«È molto agevole dare una risposta a questa domanda: l’imperialismo. Non vorrei però sembrare un po’ troppo “retrò”; eppure è chiara la matrice della ricerca di un’egemonia mondiale dietro tutte le avventure militari statunitensi. La corretta lettura dell’interventismo militare americano deve partire dalla classica domanda “cui prodest”? Ebbene, giova al modello di sviluppo americano, nel senso che gli USA, società progredita ed avanzata, non si sono mai posti nessuna domanda sulle conseguenze del loro modo di crescere, improntato al più tumultuoso liberismo capitalistico. Si badi bene; ho detto tumultuoso, ma non disordinato! Gli USA hanno ben chiaro l’ordine mondiale: prima gli USA, poi tutti gli altri. Valga su tutto l’esempio del petrolio: gli USA, con la loro cassaforte petrolifera texana, non riescono a sopperire alle loro esigenze interne e debbono rifornirsi altrove del petrolio necessario a far muovere quelle enormi automobili che consumano tantissimo e non sanno neppure  cosa sia una marmitta “catalitica” . L’America Centro-meridionale è stato il loro primo campo di battaglia e tutto il petrolio venezuelano è praticamente in mano statunitense. In tempi più recenti abbiamo visto lo scatenarsi di una vera e propria guerra: parlo del febbraio ’90 e della “Guerra del Golfo” portata avanti da Bush padre e figlio, contro il tentativo d’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq e che ha visto la rovinosa caduta del regime di Saddam Hussein. Basta osservare un po’ più a fondo per capire e chiedersi: chi sono i Bush? Provengono proprio dal Texas e sono, quindi, l’espressione della “lobby” del petrolio: ed è stata proprio questa “lobby” che ha fortemente voluto la guerra, per poter agevolmente controllare la produzione del petrolio del Golfo del Persico, cosa che nei fatti è accaduta. Tutto questo lascia insoluto, però, il problema di fondo: fino a quando gli USA potranno continuare con questo loro modello di sviluppo? Una parziale risposta l’abbiamo avuta con l’elezione di Barack Obama: uno dei suoi primi passi concreti è stata la ricerca di un partner che potesse aiutare l’industria automobilistica statunitense, in particolare la Chrysler, ad uscire dalla crisi. La Fiat di Marchionne è stata scelta per la grande capacità innovativa evidenziata dell’azienda torinese proprio nel settore motoristico: è un chiaro segnale di cambiamento sostanziale che la politica lancia alla società civile. Se si riuscirà a cogliere questo segnale sarà un bene per gli USA e per tutto l’Occidente. Le guerre non sono mai state la soluzione dei problemi e Obama credo questo l’abbia ben chiaro nel suo disegno politico: riusciranno i cittadini statunitensi a recepire questo segnale? “En attendant Godot”…».
6)   «Da quasi un anno, Lei partecipa come redattore con i suoi studenti al progetto “repubblica@scuola” e anche al “quotidiano in classe” con il Corriere della Sera e il Sole 24 ore (progetti che avvicinano gli studenti alla realtà giornalistica). Quali vantaggi ne traggono gli studenti e quali vantaggi ne trae l’Istituto?»
«Anche qui è facile la risposta. Ribalterei il quesito però, operando con quella tecnica che è tipica delle dimostrazioni dei teoremi di geometria analitica: quali svantaggi potrebbe avere uno studente che si volesse impegnare nell’attività di scrivere? Ecco, la risposta è semplicissima: io non vedo nessuno svantaggio, tutt’altro! Per poter scrivere bisogna, prima di tutto, sapere di cosa si scrive. Quindi documentarsi, quindi leggere. Stimolare alla lettura è uno degli obiettivi principali di questi progetti che vedono il coinvolgimento della carta stampata. È purtroppo anche vero che la lettura è sempre di più “digitalizzata” e l’ultima frontiera sono gli “e-book”, come pure l’ “i-book” e il “tablet”; a questa innovazione, va sottolineato, si uniformano anche i quotidiani, che hanno anch’essi la loro edizione elettronica. Pur tuttavia, sfogliare una pagina stampata è un gesto che richiede un impegno maggiore e, conseguentemente, un’attenzione e una concentrazione più profonde di quelle che servono davanti a un monitor o su un “tablet”. Pensiamo all’atto della scrittura: con la videoscrittura si sono di molto elevate le possibilità creative e io sono il primo ad essere consapevole di questo; eppure il gesto di scrivere con la penna su un foglio di carta reputo sia insostituibile. Penso ad un manoscritto di un grande poeta e/o scrittore del passato e a quante cancellature, ripensamenti ci possano essere dietro la stesura definitiva di un capolavoro; e penso, ancora, a quante cose in più si potrebbero capire, solo osservandone il modo di procedere nella scrittura. Nei secoli a venire, tutto questo non potrà più esserci: la videoscrittura ha eliminato questa possibile fonte di comprensione. Per capirci con un esempio, non avremo più la “brutta” e la “bella” copia: alla fine saremo sommersi da “belle” copie, ma non sapremo mai nulla del processo creativo. Ecco, questo un po’ mi spaventa. Ma io non sono un “nativo digitale” e vivo ancora con questo atteggiamento di sacrale rispetto per la carta. Spero che i bambini di oggi, “nativi digitali”, sapranno, nel loro futuro di adulti, trovare una risposta al problema.

7)   «Professore, Lei insegna sia al biennio che al triennio dell’istituto tecnico commerciale.  Quale messaggio vuole inviare ai suoi studenti che quest’anno affronteranno l’esame di maturità?»
«Non ho grandi messaggi da inviare: mi limito al classico “in bocca al lupo”, sicuro che la bontà dell’impegno profuso da ciascuno otterrà alla fine il giusto risultato: si sa che “chi lavora aspetta premio”; piuttosto colgo l’occasione per salutare tutti i miei alunni, quelli di ieri e quelli di oggi: il tempo passato con loro è sempre stato un tempo passato a migliorare e, fatto più rilevante per me, a migliorarsi. C’e sempre da imparare nella vita! Ma, prima dell’insegnare, viene lo stare assieme per svariate ore al giorno, per tempi lunghissimi: due, tre, cinque anni. E’ allora  imprescindibile stabilire rapporti umani corretti: diventa difficile aspettarsi attenzione da chi umanamente non ti rispetta e non ti considera, prima di tutto come essere umano e, poi, come insegnante. Ecco, questo è sempre stato il mio “credo”: prima di tutto rispettare “l’umanità” di ognuno, sapere di avere a che fare con un individuo singolo, con tutto ciò che questo significa. Ed è questo che ho sempre prioritariamente insegnato: il rispetto reciproco. Da questa base si può poi partire per la grande avventura dello studio e della crescita umana e culturale. Piuttosto debbo dire che questi ragazzi che si preparano all’esame fanno parte di uno sparuto drappello di pochi eletti che, da qui a tre anni, non dovranno più misurarsi con la Geografia Economica: la mia disciplina, infatti, è stata cancellata dai programmi ministeriali e, seppure i ragazzi del primo anno di quello che è oggi l’Istituto Tecnico Commerciale hanno avuto la ventura di avermi come insegnante per la prima volta quest’anno, non ci sarà più per loro, ragazzi del quinto anno dell’esame di Stato dell’A.S. 2014/2015, la possibilità di misurarsi con questioni come quelle che Mariateresa Conte, con le sue acute domande, ha voluto sottoporre all’attenzione di tutti. Io penso che sia stata tolta una grande opportunità di crescita a tutti i giovani, togliendogli la quotidiana discussione con il docente di Geografia Economica sulle problematiche che coinvolgono il mondo intero; il risultato è che avremo dei cittadini meno consapevoli di ciò che gli accade intorno, più disposti ad accettare senza contraddittorio ciò che gli verrà imposto dall’alto, in un rapporto di sudditanza nei confronti del potere: insomma, più “sudditi” e meno “cittadini”. E’ questo che vuole la riforma Gelmini: ma, vi invito a riflettere, è questo che volete anche voi?
In conclusione, un consiglio di lettura (anzi due) per capire meglio il mio ultimo ragionamento: 1) George Orwell, La fattoria degli animali; 2) George Orwell, 1984. Grazie dell’attenzione a tutti voi e grazie a te, Mariateresa, per la grande sensibilità che hai sempre dimostrato di avere nei confronti delle cose che accadono intorno a te e la grande pazienza che hai messo in tutto ciò che hai fatto: sono convinto che la perseveranza ti condurrà ai risultati che auspichi e che meriti. Per parte mia ti faccio uno speciale augurio per il tuo esame e per tutte le tue iniziative future, siano esse di studio o di lavoro. Ad majora!».

INTERVISTA AL PROF. DOMENICO GONNELLA. di Conte Mariateresa

IL PROF. DOMENICO GONNELLA, DOCENTE DI ECONOMIA AZIENDALE PRESSO L’ISTITUTO “E. CORBINO” DI CONTURSI TERME, UOMO DI GRANDE ESPERIENZA POLITICA E PROFESSIONALE (CHE NEL SUO QUOTIDIANO LAVORO DI INSEGNAMENTO TRASFERISCE AI SUOI STUDENTI), RISPONDENDO A QUESTE BREVI DOMANDE RIMARCA IL FONDAMENTALE RUOLO DI PILASTRO PORTANTE E MAESTRO DI VITA PER TUTTI NOI, SUOI ALUNNI E PER LA COMUNITA’ SCOLASTICA TUTTA.
VOGLIO RINGRAZIARLO PERSONALMENTE PER AVERMI CONCESSO QUESTA INTERSSANTE INTERVISTA.
di Conte Mariateresa
M: Buongiorno professore!
P: Buongiorno!
M: Si parla tanto di Piano per il Sud e Banca del Mezzogiorno; ci può brevemente illustrare in cosa consistono e quali sono i vantaggi che deriverebbero da entrambi?
P: La Banca del Mezzogiorno dovrebbe essere una banca formata con denaro proveniente dalle Casse di Risparmio e dalle Banche di Credito Cooperativo. Inoltre, dovrebbe essere una “banca di secondo livello”, in quanto dovrebbe finanziare quegli imprenditori del sud che obiettivamente hanno una situazione di svantaggio rispetto a quelli del centro-nord. Quali dovrebbero essere gli effetti? Siccome questa Banca del Mezzogiorno emetterà anche dei titoli di stato con delle “ritenute di vantaggio”, si creerebbe una disparità di trattamento tra chi sottoscrive le obbligazioni o i titoli emessi (a livello di ritenuta) con le altre banche. Questo è un problema che ancora deve essere affrontato: bisognerà, perché questa Banca del Mezzogiorno possa definitivamente decollare, prima o poi, affrontarlo. Non si capisce perché, chi dovesse sottoscrivere i titoli presso la Banca del Mezzogiorno, si dovrà trovare a pagare una ritenuta più bassa rispetto a chi sottoscriverà gli stessi titoli presso altre banche. In definitiva, secondo il Governo, gli effetti prodotti da questa Banca del Mezzogiorno saranno positivi; bisognerà attendere, come spesso accade, per capire se ciò accadrà realmente.
M: Professore, che cos’è il federalismo fiscale e cosa comporterà per i nostri comuni?
P: Secondo quello che annuncia il Governo attuale, si parla dell’applicazione di “costi standard”; cioè, ogni comune dovrebbe incrementare le imposte secondo “l’indice della popolazione” (costituito dagli abitanti e dalla loro composizione anagrafica) per portare a una riduzione delle spese ed a un aumento delle entrate; nel frattempo, lo Stato impone dei limiti alle imposte. Perciò il comune può, per l’anno 2011, solo aumentare la TARSU e ridurre le spese municipali. Federalismo fiscale in autonomia potrebbe voler dire che ognuno (Enti territoriali minori) può mettere delle basi impositive: dall’anno prossimo il federalismo prevede dei tributi che ogni comune (come ho avuto già modo di dire, in base alla popolazione) può aumentare fino ad un certo limite (e per quanto riguarda l’introduzione di nuove imposte, per il momento non c’è ancora nessun decreto attuativo); inoltre, proprio per la poca chiarezza sul federalismo, anche i comuni sono stati costretti, con legge, a prolungare il bilancio fino al 30 di giugno. C’è chi dice che il federalismo avrà effetti positivi, chi negativi (per effetto dell’aumento delle tasse); c’è grande incertezza. Di sicuro c’è che i Comuni dovrebbero attrezzarsi per avere maggiori entrate altrimenti dovranno obbligatoriamente ridurre le spese.
M: Chi pagherà il conto del federalismo?
P: Vediamo prima se c’è un conto da pagare e poi si paga. Non è detto che ci sarà qualcosa da pagare; può darsi che razionalizzando le spese, si riesca a non pagare di più. Paradossalmente, il discorso è che ci si ritroverebbe a dover pagare di più ed avere meno servizi, mentre altri, pur non pagando o pagando di meno, manterrebbero lo stesso livello di servizi. Le amministrazioni comunali devono cominciare a far quadrare i conti, devono vedere nel proprio bilancio quali sono le risorse, se ci sono inadempienze degli amministratori. Non si capisce, ad esempio, perché gli amministratori del Nord hanno bilanci in attivo e quelli del Sud, sistematicamente no. E la questione non riguarda solo grossi Comuni, ma anche piccoli Comuni.
M: Quindi è una questione di spreco delle risorse?
P: Un po’. Più che spreco delle risorse, direi che gli amministratori poco competenti non sanno trovare le entrate utili per il Comune. Per esempio: se si hanno stabili abbandonati che non vengono più utilizzati e che possono essere messi in vendita, facendolo si otterrebbero due effetti positivi:
1) creare investimenti sul territorio;
2) avere un entrata finanziaria che col tempo produrrà interessi.
Ha senso, ancora, per un Comune avere un rudere di un castello abbandonato e stare lì a sperare di ottenere contributi europei con i quali un giorno poter realizzare un investimento per incrementare il turismo? A mio parere è meglio vendere a una società o a un’agenzia turistica, le quali ovviamente saranno ben liete di pagare al Comune un congruo corrispettivo, dal quale il Comune trarrà sicuramente solidi benefici economici. Il rudere gestito da una società esterna, inoltre, potrebbe creare ricchezza e occupazione sul territorio.
M: Il 26 febbraio, il Presidente del Consiglio ha attaccato la scuola pubblica. A suo parere, qual è oggi il ruolo della scuola pubblica e, in particolare, dell’istituto tecnico commerciale nella formazione dei giovani?
P: E’ un tipo di scuola utilissimo. Basti sapere che la domanda di ragionieri sul mercato del lavoro è costantemente maggiore dell’offerta. La scuola pubblica a volte può sembrare poco seria, ma in realtà è sottoutilizzata. Il discorso è un altro: tutti gli studenti devono chiedersi cosa sanno quando escono da questa scuola. Credo che Berlusconi abbia fatto riferimento alle scuole medie ed elementari nelle città del Nord, dove c’è un abbandono degli studenti, che dalle scuole pubbliche vanno verso le scuole private. L’unico “ascensore” sociale che abbiano noi del Sud, invece, è l’istruzione e la scuola. E chiediamoci pure: i ragazzi sono disponibili a fare sacrifici per prepararsi? Oggi, se si va a vedere all’interno di un’aula, solo il 20-25% dei ragazzi è interessato allo studio, la parte restante, purtroppo, no. Ora, se c’è un errore della scuola pubblica, è che non riesce a motivare bene gli studenti; ma consideriamo anche che oggi non ci riesce neppure la famiglia, non ci riesce nessuno!
M: Cosa manca alle scuole del Mezzogiorno d’Italia per essere competitive a livello Europeo?
P: Manca la coscienza dei ragazzi e, forse, a volte, anche degli insegnanti. Negli anni, la scuola è stata come un “parcheggio” per qualcuno che, pur avendo ottenuto il titolo di studio superiore (sia esso la laurea o il diploma), piuttosto che utilizzarlo pienamente si ritrovava a insegnare nella scuola. Inoltre, molte scuole mancano di laboratori idonei; non si può fare una scuola professionale e/o tecnica, senza avere il laboratorio per poter fare un’esperienza tecnica. Non può lo studente trascorrere le ore, che dovrebbero essere dedicate alle esperienze laboratoriali, in classe. La verità è che non abbiamo istituti idonei: mancano i laboratori, ma mancano anche le palestre, manca la continuità, manca l’esercizio dello stage. Ecco: io reputo che la cosa più importante sia che i ragazzi possano e debbano uscire dalla scuola per fare l’esperienza dello stage; eppure se ne fanno sempre troppo pochi o non se ne fanno affatto. Qui al Sud manca l’incontro con il mondo del lavoro; così come la scuola non ha cercato il mondo del lavoro, così il mondo del lavoro non sollecita la scuola. Per tornare al caso specifico dell’istituto tecnico commerciale, l’imprenditore del Sud non ha mai chiarito alla scuola di che tipo di ragioniere avesse bisogno; al contempo, le scuole non hanno mai chiesto all’imprenditore che tipo di ragioniere gli servisse. Questa è una disattenzione generale, ed in particolare, della scuola pubblica.
M: A proposito di stage, lei è impegnato da anni come tutor in progetti di stage aziendali presso Enti pubblici e privati sul territorio locale. Quali i benefici che la scuola e gli studenti traggono da questa esperienza?
P: Sia la scuola che gli studenti ne traggono grossi benefici. Per la prima volta, lo studente si trova ad entrare nel mondo del lavoro a sperimentare il funzionamento concreto della “filiera” del lavoro; quali sono gli orari precisi di entrata e di uscita, quali i compiti da svolgere per portare avanti il proprio lavoro, etc. Negli Enti pubblici, i ragionieri si confrontano con quelle che sono le prime istanze dei cittadini, le loro aspettative rispetto a quello che l’Ente può e deve fornire. Ed è l’impatto con la realtà del mondo del lavoro che fa apprendere cose allo studente, con ricadute inevitabilmente positive anche sul processo d’apprendimento, di cui eminentemente si occupa la scuola, migliorandone sia le conoscenze che il profitto.
M: Professore, la ringrazio!
P: Prego!

Biodiversità è Vita. di Conte Mariateresa

L’Assemblea Generale dell’ONU ha proclamato il 2010 Anno Internazionale della biodiversità per salvaguardare la varietà delle forme viventi in un ambiente; essa è essenziale al mantenimento degli equilibri naturali e, fornendo le risorse genetiche per l’agricoltura, costituisce la base biologica che rende possibile la produzione di cibo e quindi la sopravvivenza della specie umana. Studi scientifici hanno dimostrato che, in ecosistemi ricchi di biodiversità, la qualità dell’acqua è migliore, le inondazioni sono più rare, la capacità di assorbimento e smaltimento dei rifiuti è maggiore. Queste aree sono anche più resistenti, rispetto ad aree con minore diversità di geni e di specie, agli shock ambientali e sono anche più veloci nel ripristino delle condizioni originarie. Scomparendo, si perderà una parte crescente del patrimonio genetico agricolo e zootecnico, risultato di 3 miliardi di anni di evoluzione naturale e frutto di 12.000 anni di selezione da parte dell’uomo. É chiaro che i cambiamenti climatici, la cementificazione, l’industrializzazione, il crescente numero di incendi boschivi, l’uso di fertilizzanti nel campo agricolo, lo sfruttamento delle risorse idriche, petrolifere, minerarie ed energetiche che vanno sempre più esaurendosi e il conseguente surriscaldamento globale stanno minacciando l’intero pianeta, mettendo a repentaglio non solo l’ambiente che ci circonda, ma anche la nostra vita. Dall’aumento della temperatura, all’innalzamento del livello dei mari, dalla desertificazione, alla fusione dei ghiacciai, l’allarme è ormai ad altissimo livello. Per evitare, infatti, che il clima del nostro Pianeta nell’arco di pochi decenni possa entrare in una crisi irreversibile, tale da rendere impraticabile ogni possibilità di adattamento per gran parte dell’umanità e delle altre specie viventi, è necessario modificare le nostre cattive abitudini, ipotizzando la necessità di una sorta di “nuova rivoluzione industriale”, basata sulla progressiva limitazione a quelle risorse che, pur avendo guidato lo sviluppo tecnologico sino ai nostri giorni, possono essere considerate la principale causa dei mutamenti climatici. Contemporaneamente (in Europa, ad esempio), l’incremento della capacità generativa di elettricità da fonti di energia rinnovabile ha superato quello da fonti tradizionali (facendola diventare il primo continente della “nuova era dell’energia”); eppure non basta a salvare il nostro pianeta dal male che gli stiamo procurando. La biodiversità è, quindi, un patrimonio universale per tutta l’umanità, per questo conservarla deve diventare la nostra priorità. Con la scomparsa delle specie viventi rischiamo di perdere di vista l’elemento fondamentale … la vita!

L’istituzione scolastica e la realtà lavorativa. di Conte Mariateresa







Il giorno 16 dicembre 2010 alle ore 10.30 presso l’Hotel Terme Rosapepe in Contursi Terme si è svolta la manifestazione “SOGNANDO IL NATALE” che ha visto protagonisti gli alunni dell’I.S.I.S.S. “E. Corbino” di Contursi Terme della sezione IGEA, GEOMETRA e IPSAR nella presentazione dei progetti PON, alla presenza del dirigente dell’Istituto, prof. Ugo Giorgio Crea, dei docenti e dei sindaci di Buccino e Contursi Terme. I PON, finanziati dall’Unione Europea, riguardavano la simulazione aziendale e il laboratorio di lingue straniere. Durante la manifestazione è stato riservato uno spazio anche per la presentazione dell’attività di stage aziendale promossa dal docente referente dell’Istituto, prof. Domenico Gonnella; tale stage, della durata di 20 ore, ha visto la partecipazione degli studenti della sez. IGEA e GEOMETRA in un’attività di formazione presso i rispettivi comuni di residenza. L’Ente pubblico ospitante si è impegnato ad accogliere presso la propria struttura gli allievi per tutta la durata dello stage, che non ha comportato costi (né per la scuola, né per l’Ente), dando ad entrambi la possibilità di preparare al meglio gli studenti. Tra i comuni interessati, il Comune di Buccino, dove io personalmente ho operato presso l’area economico-finanziaria, il cui responsabile, rag. Giuseppe Di Biase, ha messo a disposizione tutta la professionalità e competenza di chi ogni giorno deve “misurarsi” con una realtà spesso dura. Il praticantato ha avuto una ricaduta positiva sui partecipanti, poiché ha permesso di acquisire nuove competenze, procedure e linguaggi, migliorando senso di responsabilità e autonomia, verificando contemporaneamente quello che la scuola offre e quello di cui necessita l’impresa. Si è, così, concretizzata quell’integrazione tra sistema scolastico e realtà lavorativa; la manifestazione si è conclusa con canti natalizi e con la degustazione di prodotti tipici europei, preparati dalla scuola alberghiera. Il nostro Istituto partecipa, inoltre, anche a numerosi progetti (non compresi tra quelli PON), come repubblica@scuola il cui responsabile, prof. Luigi Sonatore, con la sua esperienza e competenza permette a noi studenti di affrontare problematiche di attualità, al fine di analizzare eventuali nuove soluzioni, anche attraverso lo strumento comunicativo dell’articolo di giornale. La scuola, proponendomi l’opportunità di partecipare a quest’esperienza, mi ha dato la possibilità di estendere le mie conoscenze in ambiti diversi; ciò mi ha permesso di entrare in contatto con alcune redazioni giornalistiche, tra cui quella di “Volcei Oggi”, che ha deciso di cominciare a pubblicare i miei scritti. Estremamente formativo ritengo sia stato anche il progetto “Conoscere la Borsa”, promosso dalla Casse di Risparmio tedesche e dalla fondazione Cassa di Risparmio Salernitana e proposto da alcuni anni alle scuole. Il concorso (una simulazione borsistica), giunto quest’anno alla terza edizione, ha dimensione europea e vede la partecipazione di sette Paesi: Austria, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Spagna e Svezia; per il nostro Istituto partecipano gli studenti della sezione IGEA, che vengono selezionati dal prof. Domenico Gonnella. Quest’ultimo, assieme al prof. Luigi Sonatore, guida due squadre di 4 alunni ciascuna a cui viene assegnato un capitale virtuale di 50.000 euro da investire in 175 titoli quotati nelle principali Borse europee, in un arco di tempo di otto settimane. Sebbene tutte le transazioni di acquisto e di vendita siano simulate, le quotazioni in base alle quali gli studenti decidono i loro investimenti sono reali. Successivamente alla conclusione del concorso hanno luogo, presso il Comune di Salerno, una serie di “incontri” con personalità di grande rilievo dell’economia italiana, di grande valore formativo per le tematiche affrontate, permettendo a noi studenti di accrescere le conoscenze economico-finanziarie, non solo facendoci approfondire le tematiche legate al trading on-line, ma anche facendoci riflettere, in maniera più squisitamente tecnica, su tematiche economiche che assumono fondamentale importanza in questo momento di grande crisi economica mondiale.

IL MEZZOGIORNO E L’UNITA’ . di Conte Mariateresa





In talune rivisitazioni della storia d’Italia, appaiono evidenti alcuni dati in controtendenza con la storia studiata generalmente a scuola. Così, il Ressa scrive: “Nel 1859 l’Italia era divisa in sette stati: Stato Pontificio, Regno delle Due Sicilie, Regno di Sardegna, Granducato di Toscana, Ducato di Modena, Regno Lombardo - Veneto e Granducato di Parma. Gli italiani che parlavano la lingua italiana erano solo il 2.5%, la parte restante parlava il proprio dialetto. A capo del Regno di Sardegna vi erano i Savoia, mentre al Sud a Capo del Regno delle Due Sicilie vi erano i Borboni. Il Piemonte era uno stato al collasso economico, con 5.000.000 di abitanti e con un debito pubblico di 1.271,43 milioni di lire, mentre, il Regno delle Due Sicilie con 9.000.000 di abitanti aveva un debito pubblico di 441,22 milioni di lire e una storia di 730 anni di unità, preso atto che quest’ultimo aveva una propria moneta, una propria bandiera ed un proprio inno. Nel 1861 il Sud aveva 5000 industrie (siderurgica, tessile, chimica, conciaria, cartiera, estrattiva, del corallo e vetraria) e, inoltre, era la quarta flotta mercantile del mondo. Nell’agricoltura oltre il 50% dei braccianti agricoli erano specializzati. La riserva aurea in tutta Italia era di 670,40 milioni di lire, di cui 443,2 era detenuta dal Regno delle Due Sicilie. Nel campo medico, il Sud aveva più medici del resto della Penisola, per di più, il numero degli studenti meridionali nelle università era maggiore rispetto agli studenti settentrionali. Il teatro San Carlo di Napoli era il più antico d’Europa, e grande era l’interesse per l’archeologia favorito dall’avvio degli scavi di Pompei ed Ercolano”. L’unificazione, apparve necessaria per ridurre la frammentazione della Penisola e farle acquisire un maggior peso, sia politico che economico, non solo nel contesto italiano, ma soprattutto in quello europeo; d’altra parte, conveniva al Piemonte, poiché, come già accennato, bisognava risanare le finanze del Regno di Sardegna. Subito dopo l’unificazione lo Stato operò in maniera da consentire l’accumulo di capitali al Nord (in quell’area successivamente nota come “triangolo industriale”), anche grazie ad un fattore difficilmente quantificabile, ma che ha innegabilmente avuto il suo peso: la criminalità organizzata, che indubbiamente è da sempre uno dei principali problemi italiani, ha contribuito alla costruzione di una mentalità radicalmente in contraddizione con le regole della convivenza civile e della democrazia e i vari governi, che si sono via via avvicendati, sono inevitabilmente -chi più chi meno- scesi a compromessi con la illegalità diffusa. Ecco, infatti, cosa scrisse Garibaldi a proposito della camorra: “..l’origine di questa associazione di malfattori, proveniva dalle prigioni. I più forti tra i prigionieri imponevano una tassa ai nuovi arrivati, e la imponevano minacciandoli. Dalle prigioni, l’associazione si estese a tutto il Regno delle Due Sicilie, divenendo così, una potenza con la quale patteggiò anche il Governo, che con la dinastia borbonica diventò una terribile guardia pretoriana”. In questo modo diviene facile spiegare perché oggi, tra Nord e Sud, vi sia una ferita così profonda: un sistema di corruzione che coinvolge l’intera nazione, accompagnato da uno squilibrio favorito da un processo di industrializzazione che si è volutamente ed erroneamente localizzato quasi esclusivamente nelle regioni settentrionali, a scapito del Mezzogiorno. La scarsa attenzione della classe politica ai problemi del Mezzogiorno, l’enorme spreco di risorse economiche, nell’illusione di creare nuova occupazione, hanno contribuito alla creazione di quelle che saranno definite delle vere e proprie “cattedrali nel deserto”, con il 70% delle industrie rivelatesi solo dei contenitori vuoti, dei “fantasmi”, con il tasso di disoccupazione costantemente in crescita, e la proliferazione di un ceto politico parassitario; allo stesso tempo vengono trascurate le risorse turistiche, storiche, agricole, di cui il Mezzogiorno dispone abbondantemente. Infine, continua a crescere in maniera sproporzionata quell’”odio” dei settentrionali nei confronti dei meridionali, additati come zavorra da un numero di politici che utilizzando un facile populismo, appaiono sempre meno competenti e non all’altezza dei difficili tempi che viviamo. Forse aveva ragione Napoleone Colajanni: “Non ci può essere unità morale se le parti unite non si conoscono fra loro e, conoscendosi, non imparano a stimarsi, a rispettarsi, ad emendarsi e migliorarsi reciprocamente”.

Aretè: eccellenza io vo’ cercando… di Conte Mariateresa


Aretè: eccellenza io vo’ cercando…

di Conte Mariateresa.
Per i greci “aretè” era la virtù più importante. Fu Socrate a interiorizzare la virtù ponendola in relazione all’anima. Secondo il suo insegnamento, essa consiste essenzialmente nella scienza del bene e del male. Ed infatti, ciascuno, nel suo campo, se vuole ottenere i migliori risultati, deve impegnarsi per il raggiungimento della perfezione, intesa come miglioramento e sviluppo delle proprie capacità attraverso quello sforzo che ci rende orgogliosi di essere noi stessi.
Buccino, un piccolo paese situato nella provincia di Salerno, mio paese natìo, è un luogo molto suggestivo; nasce sulle rovine dell’antica città di Volcei (IV sec. a.c.); ogni suo vicolo è la testimonianza di una tradizione antica che merita di essere rivalutata soprattutto da noi giovani. Parlo del mio paese, sottolineando che per inseguire l’ “aretè”, è necessario conoscere la nostra storia, ma anche sentirci parte di ciò che ci circonda. Solo un popolo eccellente può tramandare la bellezza del suo tempo nei secoli. Se esaminiamo il mondo che ci circonda, ci rendiamo conto di vivere in una società dalle profonde contraddizioni. Ci viene proposto un modello di vita fatta di esteriorità, di benessere, di apparenza. Viviamo in un Paese, dove la TV ci bombarda con messaggi e modelli il cui scopo è quello di farci allontanare completamente dai problemi reali. L’eccellenza esiste, ed è accessibile, ma come tutti i doni preziosi, non è a buon mercato; non è quella di sicuro trasmessa dai mass- media. Credo sia difficile parlare di eccellenza, quando la classe politica che ci governa si preoccupa di “camuffare” fatti di grande rilievo, quali la crisi economica, la perdita del lavoro, la mancanza di lavoro per noi giovani. Mentre l’economia fa enormi passi indietro e aumenta il debito pubblico,in Parlamento ci si occupa e preoccupa di far approvare leggi finalizzate a tagliare posti di lavoro, aggravando e rendendo ancora più difficili le condizioni di povertà e precarietà. I nostri parlamentari si rivelano invece particolarmente interessati nel fare approvare la legge sulla giustizia. Con la mediocrità, con la corruzione, col mancato rispetto delle leggi, con il moltiplicarsi delle insufficienze in ogni campo della vita civile, possiamo noi parlare di “aretè”? Io credo proprio di no! Ma possiamo noi rassegnarci alla rinuncia dell’ “aretè” , la virtù più importante dell’essere umano ? Sono convinta proprio di no!